27/03/2008

In una città, chiamata Tiennammen, nell’anno 2010, viveva un bambino di nome Kenshin, che trascorreva gran parte del suo tempo a guardare la TV. Kenshin, però, non distingueva la TV dalla Realtà e ogni volta che guardava un film di combattimento, il giorno dopo a scuola picchiava i suoi compagni, pensando di essere dentro ad un film. Un giorno, la madre si accorse che suo figlio si comportava in modo strano e cominciò a preoccuparsi e pensò che la soluzione potesse essere quella di non farli più vedere la TV. Ma Kenshin ogni giorno che passa diventa sempre più aggressivo e violento: tirava testate al muro, si metteva a urlare. La madre, disperata, lo fece visitare da uno psichiatra, ma tutto fu inutile. Lo psichiatra disse alla signora Backester che la causa dell’aggressività del figlio era provocata dalla visione eccessiva della TV e che la cura non poteva che essere il divieto di guardarla. Ma un giorno, Kenshin interpretando dal vivo un film dell’errore, visto la sera prima, prese il coltello e cercò di uccidere la madre. La signora Beckester lo fermò, ma pensò bene di rinchiuderlo in una casa di cura; poco dopo però, se lo andò a riprendere. Ritornato in famiglia, la madre pensò a una possibile soluzione: fargli interpretare realmente un film giallo. Per circa due mesi la signora Backester inviò una serie di lettere a produttori cinematografici. Inaspettatamente, un giorno, ritornata da lavoro, guardò nella cassetta delle lettere e vide la lettera di risposta di un produttore che lo aveva chiamato Kenshin per un provino. Superato il provino, dopo un mese, iniziarono le riprese del film, in cui Kenshin ricopriva il ruolo del figlio della protagonista. Kenshin girando le varie scene, si accorse che si trattava di una messa in scena e niente era reale: il sangue, le uccisioni. Dopo la conclusione del film, Kenshin incominciò a distinguere la Realtà dalla Tv, e non imitò più ciò che veniva trasmesso.