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GIOVANNI SCARAMUZZINO, giornalista di Radio Rai che non “se la tira”

GIOVANNI SCARAMUZZINO, giornalista di Radio Rai che non “se la tira”

27/03/2008


di
Giovanni Certomà


In questi giorni, per l’undicesimo anno, è ancora una volta “in sella” alla sua motocicletta lungo le strade del Giro d’Italia, per raccontare da inviato di Radio Rai le gioie e le sofferenze dei ciclisti, nella maniera che gli è più congeniale, ovvero con passione e competenza professionale ed umana. E’ la voce radiofonica più importante del ciclismo internazionale, colui che ci fa rivivere –come fossimo sul posto- il profumo e le sensazioni più nascoste dei corridori, eppure, nonostante la “notorietà”, è rimasto sempre lui, il Giovanni di Roccella Jonica, che ritorna quando può nella sua Terra natìa, amando fare le stesse cose e stare con i suoi compagni di scuola ed amici di sempre. Eppure è un giornalista famoso, importante, e nonostante tutto è la medesima persona che iniziò a muovere i suoi primi passi nell’etere, nella “leggendaria” radio “Azzurra International” del poliedrico Ilario Fantò. Proveniamo dalla stessa terra, dalla stesso paese, Roccella Jonica (R.C.), e so di non “allargarmi” dicendo che, mi considero un amico di Giovanni, sapendo e intuendo il significato che lui attribuisce a questo termine, il cui uso, oggi, è sempre più inflazionato. Mi ha sempre colpito, negli anni passati, quando lo rivedevo a Roccella che, diventato uno dei più apprezzati giornalisti di Radio Rai, si comportasse allo stesso identico modo con l’ambiente e le persone, rispetto a quando ancora giornalista non era. L’estate scorsa, poi, quando gli feci una intervista radiofonica (RadioRoccella) in occasione della presentazione del suo recente libro “Fino all’ultimo chilometro. Il giro d’Italia visto da una motocicletta”, Geo Edizioni, ho capito, ho compreso i motivi per i quali non è cambiato affatto. E’ stata una lunga intervista, quasi un’ora, io negli studi di RadioRoccella e lui in collegamento telefonico dalla redazione di Radio Rai, il tutto sotto la regia dell’amico Mimmo Grollino che, vista la spontaneità della chiacchierata tra me e Giovanni, di tanto in tanto lasciava la sala regia e rientrava solo per mandare qualche brano musicale. E i “segreti” della immutabilità di Giovanni Saramuzzino si trovano tutti proprio nella sua recente pubblicazione che, riesce ad immettere il lettore in una dimensione quasi irreale di uno sport, come il ciclismo, in grado di far “nascere” e “morire” in una lunga corsa a tappe. Lo stupore, l’emozione, l’incredulità di Giovanni che, nel 1978, da giovanissimo spettatore, sulla salita dello Zomaro, accompagnato dal papà Vittorio, attendeva il passaggio del Giro della provincia di Reggio Calabria, sono rimasti gli stessi di quando, il 21 maggio 1996 esordì come inviato al 790° Giro d’Italia a Ostuni. Il riconoscere come elementi importanti della propria vita umana e professionale affetti familiari, legame forte alla propria terra, ai suoi “vecchi” amici, sono i “segreti” che fanno vivere a giovanni l’ultimo km di ogni gara da lui commentata come una sorta di evento unico e proprio perché unico, mai più ripetibile.



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