Racconti

La ragazza gettata nella fontana

La ragazza gettata nella fontana

27/03/2008


 

 

 

Era un periodo, quello della fine degli anni settanta, di profonde turbolenze giovanili, soprattutto negli ambienti universitari italiani. Bologna, in quel periodo, era una vera e propria fucina di giovani che, spinti da nobili ideali, desideravano trasformare la società e il mondo. Ragazzi e ragazze, ma soprattutto le ragazze si dimostravano colonne portanti di un movimento che sempre più assumeva i connotati di una autentica rivoluzione intellettuale. Alla facoltà di Giurisprudenza, dell’ateneo emiliano, una giovanissima Carla, si era fatta notare per il suo attivismo nel gruppo degli amici e per le molte iniziative socio-politiche che sfornava ininterrottamente. Forse, però, Carla quella sua vivacità d’agire la utilizzava come strumento di sfogo a tutte le limitazioni che in seno alla famiglia le venivano imposte, in particolare dalla madre Teresa. Nonostante Carla avesse ormai vent’anni, doveva rientrare a casa massimo alle otto di sera dal lunedì al venerdì e solo durante i fine settimana, la libera uscita si protraeva fino alle 23:30. Queste limitazioni le accettava sempre in silenzio e non osava neanche lontanamente ribellarsi alle tedesche imposizioni della madre. Ma quando era col suo gruppo di amici ed in particolare, con quello ristretto delle amiche del cuore, come d’incanto si trasformava, e lo faceva tanto naturalmente, quanto radicalmente. Amava scherzare e anche pesantemente con Giuseppe, Pierluigi e Fabio, tre ragazzi della sua stessa età che, spesso, rispondevano con scherzi che non erano da meno. Carla, nelle poche oasi di libertà concessele, era un autentico vulcano. Si lamentava sempre dei giochi degli amici di cui restava vittima, ma la realtà era che le piaceva, tanto che, non si sottraeva mai, neanche dinanzi a scherzi poco sensati. Poi, in fondo in fondo, Carla era follemente innamorata di Giuseppe, quindi ogni occasione era buona per stargli vicino. Innamorata sì, ma non in grado di dichirarglielo apertamente. E allora qualunque insignificante gesto di Giuseppe, lei lo interpretava in maniera del tutto personale e gli dava significati di sicuro interesse nei propri confronti; insomma Carla si faceva i film da sola, senza tener conto se realmente quei sentimenti di amore che lei provava erano ricambiati anche dalla controparte maschile. Ogni tanto, poi, la sua mite mamma, arrivava, ancora a vent’anni, ad impedirle di uscire di casa per punizione, quando magari non rispettava gli orari di rientro o nell’ultimo esame aveva preso solo 22/30.

Caro Giuseppe,
non so neanche io se faccio bene a scriverti questa lettera, ma mi trovo in uno stato e in una condizione in cui sto troppo male e superando tutto il mio imbarazzo, mi sono decisa a comunicarti ciò che provo nei tuoi confronti per iscritto. Tutte le mie giornate sono riempite dal pensiero continuo di te. Non chiedermi quando, come e cosa ha provocato questo forte mio interesse per Te, sta di fatto che ci sto veramente male. Non riesco a dirti chiaramente i miei sentimenti di persona, perché mi vergogno e soprattutto perché, forse, ho paura che tu mi dica di no. Sappi, però, che mi hai fatto perdere la testa nella maniera più assoluta. C’era scritto proprio questo in quella breve e lapidaria lettera che Carla decise di scriver quel 23 marzo del 1978 a Giuseppe. Si affidò all’intermediazione di un foglio, di un messaggio scritto, non avendo il coraggio di dichiararsi faccia a faccia. Il giorno seguente, durante la lezione di Diritto romano, quando Giuseppe si era assentato per andare in bagno, Carla approfittando della circostanza, infilò di scatto la lettera nella borsa ricolma di libri dell’amico. Giuseppe, rientrato a casa, nel tardo pomeriggio, rovistando tra i libri della sua borsa, notò un foglio di color bianco sporco con su scritto: “per il mio amore”. La curiosità fu forte e non fece passare nemmeno dieci secondi che la lettera fu aperta. La lesse senza fare una piega, nessun segno sul suo volto, nessun pensiero. Rimase in silenzio per cinque minuti e dopo telefona a Carla dandole appuntamento nel centro storico della città dove si trova un’ampia quanto elegante fontana con acqua zampillante. Sono le 18:30 del 24 marzo e Carla aveva a disposizione solo quindici minuti prima che il coprifuoco si attivasse. Da lontano si intravede la sagoma di Giuseppe che si avvicina lentamente e dice a Carla: “chiudi gli occhi c’è una sorpresa per Te”. Ormai Carla era convinta che da lì a poco avesse sentito quel “ti amo anche io” tanto agognato. Giuseppe le si avvicina, la prende in braccio e di scatto la scaraventa letteralmente nella fontana piena d’acqua dicendole: “ ma chi Ti vuole, ma ti sei fatta i film veramente bene!”. E d’improvviso le speranze di Carla si tramutano in fredde certezze che lasciano come ricordo solo il bagnato dei suoi pantaloni e delle sue scarpe.

 

Giovanni Certomà

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