Racconti

Una fredda mattina di Dicembre…

Una fredda mattina di Dicembre…

27/03/2008


 

Stava seduto in riva al mare, steso sulla sabbia, toccando dolcemente i granelli fini e ripensando al suo primo amore: Elisa, occhi azzurri, capelli biondi, non molto alta di statura... Pippo ripensava agli anni, ormai lontani, delle scuole superiori, quando aveva conosciuta Elisa e subito ne era stato colpito al punto tale da restare senza fiato quando l’aveva vista per la prima volta fuori dal cancello di quel “mitico” Istituto Magistrale. Ritornar a quei dolci ricordi era per Pippo come estraniarsi da una realtà esistenziale che, ormai, lo stava dilaniando lentamente, giorno dopo giorno, senza quasi che lui stesso se ne rendesse conto. Stava attraversando un periodo di precario equilibrio interiore e un nonnulla lo faceva ripiombare in un baratro da cui non riusciva a risollevarsi, se non a fatica e temporaneamente. Il suo animo era come il mare che cambia, muta, sempre in divenire. La fede era il solo punto fermo, incrollabile a cui sempre si aggrappava, quando si ritrovava in quegli stati. Pippo era un giovane brillante, aperto alla condivisione con gli altri e appassionato di politica e cultura. Era anche molto rigido con sé stesso, ai propri valori morali, alle ricadute che ogni suo gesto potesse avere sulle persone a cui lui teneva molto. Mentre stava ripensando a quell’Elisa , il suo cellulare riceve un messaggio: “ciao Pippo! Sono Serafino stavamo in questi giorni parlando tanto di te in Comunità. Ci chiedevamo se ti va di venir da noi in provincia di Firenze per tre quattro giorni, dato che il Padre ti vorrebbe rivedere e ridarti personalmente quel quaderno di tue poesie che molti anni fa gli avevi donato”. Pippo non esitò un istante, si alzò e con decisione rientrò a casa, accese il computer, si collegò a internet e acquistò on-line un biglietto di sola andata per Firenze; sarebbe partito il mattino successivo. Durante la notte fece fatica a dormir, perché, stranamente, continuò a pensar ad Elisa, amore ormai lontanissimo. Perché quel ricordo, in quel momento, era così pressante? Eppure non vi erano ragioni che giustificassero quei pensieri, ormai erano trascorsi più di quindici anni e lui si era rifatto una vita con Elsa, la sua compagna da più di otto anni. Faceva freddo quella mattina d’inizio dicembre, nella piccola sperduta stazione di provincia e Pippo, tutto accartocciato nel suo giubbotto, aspettava il treno per Firenze che aveva già dieci minuti di ritardo. Improvvisamente, da dietro, ode una voce che non riconosce, ma che non gli sembra anonima. Accanto sente un profumo intenso che gli arriva alle narici e un corpo femminile, fortuitamente, gli sbatte addosso. La donna si scusa e Pippo, volgendosi lentamente per risponderle, incrocia con lo sguardo un pozzo azzurro infinito nel quale si perde, proprio come si era perduto 15 anni prima, quando aveva fissati gli occhi di Elisa. I due, quasi all’istante, si rendono conto di non essere affatto estranei e prim’ancora di salutarsi verbalmente, si abbracciano in modo prolungato e in un silenzio assoluto. Solo dopo tre interminabili minuti i loro sguardi si reincrociano e senza ancora dir nulla, le labbra dei due si avvicinano repentinamente e si uniscono come fanno i pezzi di un puzzle. Nel frattempo, mentre Pippo e Elisa si baciavano ardentemente, presi da una passione palpabile, un nugolo di persone attornia gli innamorati ritrovatisi e in un forte coro si sente: “bravi! Ma ora fateci passare che altrimenti perdiamo il treno, noi!”. Finalmente dalla bocca di Pippo ed Elisa vien fuori, in contemporanea, un saluto reciproco: “madò che bello rivederTi!”. Si dissero. Erano ormai le 7:00 e il suono delle sbarre del passaggio a livello, che annunciava l’arrivo del treno, era ormai insistente. Il viaggio di Pippo stava mutando già dalla sua fase iniziale, prendendo una piega che mai e poi mai si sarebbe aspettato. Il treno, intanto, fa il suo ingresso in stazione e Pippo ed Elisa vi salgono su: lei con una enorme valigia, lui con un contenuto zaino azzurro che, solitamente, portava dietro quando si spostava in giro per il mondo a correre le maratone. Si siedono entrambi nello stesso scompartimento, al cui interno non vi è nessuno. Pippo, con la galanteria che glie era propria, afferra la pesante valigia di Elisa e faticosamente la poggia in alto. I due sembrano non crederci ancora che, dopo 15 lunghi anni, si stavano rivedendo. E’ proprio Elisa che inizia ad attaccare discorso chiedendo una serie di “cose”, come fosse una mitragliatrice a ripetizione. Pippo, a fatica, riesce ad inserirsi nei brevissimi spazi di eloquio di lei e timidamente prova a rispondere a qualcuna delle sue tante e “invadenti” domande. “Non sei cambiata per niente”, dice Pippo ad Elisa. “Sempre così estroversa e curiosa come 15 anni fa eh!?”.

Giovanni Certomà

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