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La vendetta mancata

05/03/2013


 
Avevo solo cinque anni quando vidi quella scena che mi scandalizzò: mio padre vestito tutto di nero, con quegli occhi che gli brillavano; era stato condannato a morte nella famosa "vasca mortale". 

Era stato Luigi, il padre del mio migliore amico, Luca, che lo aveva accusato di aver ucciso la moglie, scomparsa da più di dieci anni.
Dopo quella scena non mi diedi pace e giurai a me stesso
che mi sarei vendicato.
Mi chiamo Pietro, ho ventitr
é anni, sono alto e abbastanza muscoloso, i miei occhi sono marroni-verdi, ho i capelli neri come il carbone; indosso sempre degli scarponi che mi regalò mia zia prima di partire per Londra.

Mi piacciono molto i jeans e le canotte nere.

Sono molto legato ad Andrea, un amico di infanzia; direi proprio che è molto sfortunato in amore, indossa sempre una collana con il suo portafortuna, una conchiglia.

Gli piacciono molto le avventure, soprattutto quelle pericolose.

Quando lo reincontrai, dopo il suo ritorno dall’America, gli raccontai quello che era successo a mio padre e mi disse: "Se fossi in te mi sarei vendicato già da tempo, tu lo sai che tuo padre è innocente…” io lo interruppi e dissi:
” Non mi crederebbe nessuno, c’era mezza città contro di lui che testimon
iava.”

Dopo ciò, mi allontanai e lui venne con me. Si accorse che non mi piaceva parlare di quell’argomento. Chiacchierando, ci trovammo, senza neanche accorgercene, al mercato dove tutti, ogni giorno, ci vanno anche solo per fare un giro.

Guardando una bancarella, mi scontrai con una graziosa fanciulla dai capelli biondi e gli occhi verdi.
”Oh scusa” le dissi, chinandomi per raccogliere ciò che le era caduto.

Ma figurati! Come ti chiami?” mi disse, mentre mi guardava.

Io sono Pietro,tu? “

Io mi chiamo Annalisa” mi rispose, sorridendo.

Restammo pochi minuti a guardarci quando, Andrea mi diede un colpo alla spalla e mi disse: “Andiamo?! “

Così la salutai sorridendo e andammo.

Arrivò la notte e non riuscivo a chiudere occhio, perché ripensavo a quello che mi aveva detto Andrea.

Senza perdere tempo mi alzai dal letto, mi vestii e andai a casa sua.

Tirai un sasso alla finestra della sua cameretta ma niente, non rispondeva.
Provai con un altro e questa volta si affacciò.
”Ma sei pazzo! Cosa ci fai qui, a quest’ora della notte?” mi urlò.
”Dai vieni, ho pensato a quello che mi hai detto oggi
e ho preso una decisione, voglio vendicarmi!”
”E cosa vorresti fare? Denunciarlo è la cosa migliore”

No, ci andrò di persona… con te!”
”Ma perché, scusa, dovrei venire anche io?! Che centro?!”
” E se av
essi bisogno di te?”
” Hai ragione! E quando pensi di partire?”
”Adesso”
”Adesso!?” mi disse, stupito.

S^ adesso, hai sentito proprio bene, ho fatto delle ricerche e ho scoperto che lui e suo figlio vivono in Belgio, precisamente a Bruxelles. Preparati e scendi, io ti aspetto qua”.
E quando Andrea mi raggiunse, andammo alla stazione e prendemmo il primo treno per Bruxelles.
Una volta saliti, vidi lei…Annalisa, ecco chi era.
La chiamai e venne da noi.
”Ciao, come mai vai a Bruxelles?” Le chiesi.
”C’è mio padre e lo vado a trovare… e tu?”
”Io...io… vado in vacanza… sai non lavoro e mi annoiavo”,
le risposi.

Il viaggio durò circa 16 ore, molto lungo e stancante.

Una volta arrivati lei andò da una parte e noi da un’altra. Ci recammo in albergo e là passammo la notte.

Conoscevo quell’uomo, è da quando denunciò mio padre che tengo sempre una sua foto in tasca.
Ha i capelli grigi e porta la barba, i suoi occhi sono azzurri, ha due orecchie molto piccole ed un naso aquilino;
è basso e grasso.

E sapevo anche che amava bere, infatti tutte le mattine andava al bar per prendere un bicchierino di liquore e poi ci rimaneva tutta la mattinata.

Così proposi ad Andrea di andare a fare un salto al bar più conosciuto con la speranza di trovarlo.

Una volta arrivati, lo riconobbi, ma essendo un luogo pubblico e quindi con molta gente, decisi di aspettare e seguirlo nel momento in cui avrebbe lasciato il bar.

La vendetta, ormai, non poteva più aspettare.

Era mezzogiorno circa, quando sentii quello sgabello spostarsi e quei passi pesanti di stivali avvicinarsi alla porta.

Allora feci un cenno ad Andrea, lui si alzò e, con un colpo sulla schiena, mi disse: “ Andiamo?“ Io annuii e mi diressi alla porta.

Eccolo là, stava suonando al citofono, ma chi c’era?

Lo seguimmo e ad un certo punto si affacciò alla finestra Annalisa, non ci potevo credere; allora era lui il padre che doveva andare a trovare.

Annalisa era l’unica persona di cui mi fidavo e non volevo deluderla, così ce ne andammo e da quel giorno non la rividi mai più.

L. Lovati - F. Luschakay - classe 2^ B_Media_"Verdi"_Corsico_(MI)

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