I miei alunni

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L’INCONTRO COL DUCE

28/02/2009


Io facevo parte di una famiglia numerosa, sfortunatamente anche molto povera, composta dai miei cinque fratelli, da mio padre e mia madre. Mio padre, che si chiamava Gianluca Rossi, lavorava come operaio in una fabbrica metallurgica, mia madre invece, si chiamava Rosalia Beccarla, era una casalinga e restava con noi tutto il giorno, soprattutto per curare il mio fratellino più piccolo che aveva tre anni. In quegli anni era presente il regime dittatoriale di Benito Mussolini. Mio padre diceva che Mussolini aiutava il popolo ma a me non piaceva più di tanto, perché non lasciava molta libertà a noi bambini ed anche perché, in certi giorni, dovevamo andare io, i miei famigliari e tutti gli altri abitanti del mio piccolo paesino ad ascoltare i discorsi del Duce, che erano molto lunghi e noiosi; per il resto non c’era da lamentarsi. La mattina si doveva andare a scuola, io per far prima mi alzavo alle sei ed uscivo di casa alle sette e mezzo per fare una partita di calcio con i miei amici. Alla otto suonava la campanella e noi dovevamo aspettare in classe il maestro, e prima di iniziare la lezione dovevamo pregare per la salute del Duce. Finita la preghiera si passava alla normale lezione: imparare a memoria le regole per essere un perfetto ragazzo fascista, oppure leggere dei racconti. La materia che mi piaceva di più era educazione fisica; a quei tempi si faceva soprattutto attività fisica, infatti, io ero un ragazzino magro e facevo anche parte dei gruppi Balilla (bambini che andavano dagli otto ai dodici anni). Finita la scuola si andava a mangiare a casa con tutta la famiglia e come tutti i giorni la mia sorella maggiore, Rosetta, tornava da scuola in ritardo, perché restava a chiacchierare con le sue compagne sui fatti successi in classe, ed ogni volta mia madre la rimproverava; rischiava di non essere una perfetta ragazza fascista! Finito di pranzare scappavo ai giardini pubblici per fare una caccia al tesoro oppure a giocare a nascondino; pensate che una volta giocando a nascondino con i miei fratelli ed amici vedemmo da lontano una strana persona ed intorno tanta gente. Pensammo che fosse qualche anziano che abitava nel mio paesino in provincia di Catania; non mi ricordo perfettamente il nome perché quando avevo una ventina d’anni la mia sorella che aveva sedici anni si trasferì a Milano con me, poi più avanti decisi di ritornare in Sicilia, ma quella volta non in provincia di Catania, ma proprio a Catania. Sfortunatamente ritornai da solo perché mia sorella, affascinata da Milano, decise di rimanerci. Ritorniamo a quell’uomo. Era strano vedere così tanta gente. Ci avvicinammo e mi accorsi che c’erano mia madre, mio padre e i miei due fratellini più piccoli. Andai dentro e chiesi ad un signore chi fosse quell’uomo. Dalla risposta che mi diede, rimasi a bocca aperta. Mi disse che era il Duce, Benito Mussolini. Non riuscivo a capire più niente, soprattutto quando prese in braccio mia sorella, Maria Grazia che aveva cinque anni, poi prese in braccio anche a me e disse queste parole: ”Questi bambini saranno il nostro futuro e non dovremmo perderlo”. Sebbene Mussolini abbia fatto molto di negativo, in particolare quella grande stupidaggine di unirsi ad Hadolf Hitler, fece anche delle cose positive, come costruzione di strade, fondazione di Cinecittà e altro ancora.
Quell’episodio accadde nell’anno 1935 fu il più bello della mia vita.
 

Laura Leoni_Paolo Petrella_Kristal Sedigh_Alex Lukay_3^_B

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